PROLOGO: Dall’edizione delle
19:00 del TG3
“Oggi alle tre e mezza del pomeriggio,
nelle acque al largo di Lampedusa, un’imbarcazione privata ha intercettato uno
scafo carico di clandestini provenienti dalla Somalia.
Prima che le unità marittime dei Carabinieri potessero
intervenire, gli occupanti dell’imbarcazione intercettante hanno aperto il
fuoco sugli immigranti con armi automatiche. Poco fa, il Ministero degli Interni
ha dato conferma che non ci sono sopravvissuti al
massacro.
“I Carabinieri sono riusciti
ad intercettare lo scafo privato ed hanno tratto in arresto l’equipaggio, i cui
quattro membri sono stati identificati come cittadini veneziani. I quattro
uomini si sono dichiarati militanti di una formazione autodefinita ‘Sole Italiano’
e prigionieri politici.
“In seguito a questo episodio, la tensione fra maggioranza ed opposizione
ha raggiunto delle punte molto elevate. Le frange più moderate della Casa delle
Libertà hanno subito condannato l’episodio con fermezza, augurandosi uno
svolgimento rapido e chiaro della giustizia. I rappresentanti alla Camera ed al
Senato di Lega Nord e Forza Italia non hanno ancora rilasciato commenti.
“I partiti dell’opposizione,
per bocca di Romano Prodi, al momento, osservano solo che questo è il risultato
naturale di una lunga campagna di odio xenofobo, campagna
portata avanti dalla Lega da molto prima che questa andasse al Governo…”
Il televisore fu spento.
MARVELIT presenta
Episodio 3 - It’s Just
Business, My Friends!
Albergo Marconi, Roma
L’uomo che reggeva il
telecomando era un individuo magro, alto, con una bella chioma di capelli neri
brizzolati, vestito in modo impeccabile. L’abito era così su misura che non ci
si vedeva una piega neppure a sforzarsi.
L’uomo posò il telecomando sul
tavolino. “Questo…episodio è davvero increscioso. Spero che non funga da
deterrente per quanto abbiamo stabilito, ‘Imperatore’.”
Pronunciò l’ultima parola in modo che le virgolette quasi si potessero
vedere.
Davanti a lui, dall’altro lato
del tavolo, stava un individuo che avrebbe potuto essere tanto uomo quanto
donna, visto che le pieghe del suo soprabito
nascondevano efficacemente ogni attributo. In testa portava un cilindro tirato
a specchio. Sul volto, portava una elegante maschera
di ferro.
Il sedicente Imperatore del
Crimine rispose con tono pacato. “Dovrò naturalmente
rivedere il numero ed il tipo di agenti in base alle
nuove esigenze, ma sarò in grado di mantenere la mia parte dell’impegno, ‘Mr.
Nixon’. Risponda ad una domanda, piuttosto.”
Mr. Nixon bevve un sorso di
scotch liscio con calma, prima di dire, “Prego.”
“Gli obiettivi si sono mossi
dalle coste del Marocco circa tre settimane fa. Come mai non li avete intercettati in
loco?”
Mr. Nixon annuì. “Domanda
ragionevole. Risponderò con una sola parola: i Campioni. La mia organizzazione
non può mettersi a rischio di confrontarsi ne’ con
loro, ne’ con i loro mezzi, fra cui un super-robot tattico capace di annientare
come niente un’intera metropoli.
“No, noi desideriamo
discrezione, Imperatore. Discrezione, ed efficacia. Questi due individui,” e mostrò le foto di un uomo e di una donna di colore.
Entrambi non avranno avuto più di una trentina d’anni,
e vestivano dei camici neri. Lui portava un pizzetto, lei i capelli neri
cortissimi. “Questi due individui non devono raggiungere alcuna
autorità. Nessuno deve accoglierli. Nessuno deve sapere di loro, in
Italia. Se necessario, eliminate tutto lo scafo che li ospita.
Vi pagheremo un extra per quest’ultima opzione,
naturalmente.”
“Naturalmente.” L’Imperatore
del Crimine annuì, poi si alzò in piedi. “Può versare
fin da ora la metà della somma pattuita. È un piacere fare affari con lei, Mr.
Nixon.”
L’uomo dalla maschera di ferro
si diresse verso la porta
Con tono casuale, Mr. Nixon
sollevò una mano. “Oh, e un’altra cosa: se per sfortuna l’operazione venisse compromessa, e qualcuno dei suoi venisse catturato,
è stata Nazion Mutante a reclutarvi.”
L’Imperatore si voltò. “Come
mai proprio loro?”
“Sono un bersaglio ideale,
come può immaginare: la gente e le istituzioni se la berrebbero senza fiatare.”
L’altro non commentò. In
silenzio, aprì la porta ed uscì.
Mr. Nixon studiò il proprio
orologio -o meglio, il quadrante che mostrava un’immagine al radar dei locali
dietro la porta. C’erano due turisti anziani, ma nessuna traccia
dell’Imperatore del Crimine, scomparso appena la porta si era richiusa dietro
di lui..
L’uomo abbassò il braccio. Mr.
Nixon era scomparso: al suo posto c’era un uomo di costituzione robusta, i
capelli biondi, e il volto e gli occhi accesi di una luce…animalesca.
La
prima trappola era scattata. In un colpo solo, Graydon Creed avrebbe studiato sul campo pregi e difetti sia della
Villains LTD, che dei più recenti difensori ufficiali italiani…
Isola di Lampedusa, circa
ventiquattro ore dopo
L’aereo della
Air Sicilia atterrò all’Aeroporto Civile di Lampedusa sotto un gelido
vento battente. Il cielo, solitamente di un azzurro intenso, era un
caleidoscopio di nuvole grigie.
I dodici passeggeri scesero in
fretta dalla scaletta. C’erano due mezzi, ad attenderli: uno era il pulmino
dell’aeroporto. L’altro era un pulmino color militare: era
per sei di loro, per la precisione:
Ø
Un
uomo, anzi, un venticinquenne biondo, atletico fino all’ultimo poro, bel volto,
solare. Indossava un completo grigio
molto formale, e nella mano destra stringeva un guinzaglio. Al termine del
guinzaglio stava una femmina di pastore tedesco, anche lei in perfetta forma
come il suo padrone, Cesare Regolo. “Be’, benvenuti in una splendida terra di
Sicilia.”
Ø
Un
secondo giovane, coetaneo del primo, ma dai capelli corvini e dal volto
invecchiato prematuramente, tetro e scavato. I suoi occhi non sembravano capaci di risata. Il
fisico di Vittorio Longarno era magro a vedersi, ma tutto muscoli
pronti a scattare. Indossava una maglietta rossa, blue jeans stinti e
scarpe da discount. Rispose con un grugnito all’osservazione del caposquadra.
Ø
Una
ragazza di ventitré anni, capelli neri e ben curati, volto affilato, occhialini
a montatura stretta e un abbigliamento non dissimile da quello del compagno che
la precedeva -tranne che per i colori, più chiari. “Tu ti lamenteresti anche se fosse stata una
giornata d’estate, Vittò,” disse Benedetta
Mariacorona.
Ø
Un
uomo di trentacinque anni, capelli neri lunghi e raccolti in una coda di
cavallo. Volto duro e spigoloso, occhi penetranti. Antonio Tomasi Agresi rise. “Lascia
stare, Benedetta. Dagli un paio di giorni, e anche lui cadrà vittima del
fascino di questi posti.” Poi si aggiustò le mani
nelle tasche del giubbotto. “Però, è effettivamente
freddo.”
Ø
Una donna di
ventidue anni, capelli biondi, slanciata. Indossava t-shirt azzurra e pantaloni
leggeri in tinta. Sonia Elios non commentò le parole di Antonio
-in fondo, dalle sue parti a quell’ora c’era una neve con i fiocchi.
Ø
Un uomo enorme, di età indefinibile fra i trenta ed i quaranta, massiccio
dalla testa ai piedi. Indossava un impermeabile lungo e un cappellaccio nero
calcato in testa. Lui non disse niente, ma non era un tipo chiacchierone di per
sé…
Appena si furono tutti seduti
a bordo, la porta del mezzo si chiuse e il pulmino partì.
“Non dico un Quinjet, ma un
aereo privato sarebbe stato così difficile da predisporre?” fece Vittorio,
rivolto a nessuno in particolare.
“Con il budget che ha la PMP?” fece Benedetta. “Perché credi che io e Sonia siamo state reclutate? Siamo
mutanti, si risparmia sulle spese.” Una risatina
percorse le fila della squadra. Persino Vittorio si concesse l’ombra di
un sorriso.
“Cerchiamo di ripassare la
missione, signori,” disse Cesare. Il suo cane era
fissato con la cintura di sicurezza su un altro sedile. “Il tempo di riposare
un paio d’ore, poi cominciamo a cercare quei pazzi del Sole Italiano. Con il
freddo della sera e il mare quasi in burrasca, non perderanno certo tempo a fare
i vigilantes costieri. Dobbiamo essere veloci, non dobbiamo lasciare loro il
tempo di sapere che li stiamo cercando. Domande?”
Vittorio sollevò la mano.
“Nessuna che non abbiamo già fatto prima di partire, Maresciallo.”
“Non sono un Mare…” poi Cesare
si ricordò quanto il compagno adorasse stuzzicarlo. Si rivolse ad Antonio. “Non
ti è venuto in mente nessuno che possa esserci utile?”
L’altro scosse la testa. “No.
Io non sono un pesce grossoi, Cesare: dovrei
letteralmente costruirmela, una mia rete di informatori,
ma per farlo dovremmo perdere anche un mese di tempo, senza contare che alla
fine qualcosa trapelerebbe alle orecchie sbagliate.”
“Che peccato, per quei fessi,” disse Vittorio quasi fregandosi le mani, riferendosi
ai militanti catturati. “Quasi quasi, li compiango: conosco due o tre tecniche di interrogatorio che…”
“Il fatto che possiamo
condurre un’interrogazione separata non comporta il diritto a violare i diritti
elementari di un prigioniero, Longarno,” lo interruppe
Cesare. “Ad ogni modo, visto che per prevenire altre
azioni di questi folli ci occorre solo conoscere la loro tana, credo che un po’
di…fantasia, potremo permettercela.”
In quel momento, la radio di
bordo emise una scarica, seguita da una voce maschile. “A tutte le unità. A
tutte le unità. La stazione è stata assaltata. Ripeto, la
stazione è stata assaltata da metaumani. Rispondete! Risp*Squarrk!* poi
la radio tacque.
Cesare si voltò verso Sonia.
“Sun! Precedici, presto! E lei, autista, apra la porta
posteriore, subito!”
Lei non se lo fece ripetere
due volte: slacciatasi la cintura, Sonia Elios si alzò e si diresse verso la
porta già aperta.
Dall’esterno, i pochi passanti
videro una specie di lampo luminoso illuminare la porta del bus. Poi, quella
stessa luce, dalle forme decisamente umane, schizzò
verso l’alto lasciandosi una scia intensa come il Sole.
Sun impostò una rotta a
parabola, e per risparmiare tempo e per evitare di distruggere qualcosa con lo
spostamento d’aria. Andava abbastanza forte da lasciarsi dietro scie di plasma.
Purtroppo, giunta al culmine
della parabola, da quel momento dovette improvvisare: non sapeva quale parte
della stazione fosse stata attaccata.
Sorrise -un problema
facilmente risolvibile, ad ogni modo.
Sun
schizzò verso il basso.
Una mano umana cadde a terra,
tranciata di netto. Per qualche secondo, rimase lì a contorcersi come se ancora
fosse attaccata al suo braccio.
“Dunque, come stavamo dicendo,” disse, in una voce dall’accento tedesco, un uomo
interamente vestito di nero -impermeabile lungo e nero, camicia e pantaloni neri,
occhiali neri e cappellaccio nero. Al suo fianco stava un uomo vestito di
un’armatura verde, dotata di lame circolari ai polsi e a ‘L’ alle caviglie e
sull’elmo. Ignorando il poveretto urlante che, in ginocchio sul pavimento, si
reggeva il moncherino sanguinante, il metaumano si rivolse agli altri tre in
quella cella. “Ho poco tempo e poca pazienza. O mi dite tutto e subito sui
vostri complici, finanziatori e tana, o io vi faccio
affettare uno per volta dal mio collega. Uno di voi, alla fine, dovrà pure
sciogliersi la lingua, giusto?”
“Cazzo, diglielo, Stefano, diglielo!!” urlò uno dei tre, con voce
stridula dal panico, rivolto al più anziano di quel
gruppo. “Non voglio morire, non…” Terminò la frase in un gorgoglio, quando una
lama da polso aprì trachea e carotide.
“Thank you, Whirlwind. I just hate
hysteric sissies.” L’uomo nero fece un cenno al complice, che avvicinò la
lama allo stomaco dell’uomo. “Turbine conosce molti modi di aprire un uomo
senza ucciderlo. Vuoi provarli?”
Stefano scosse vigorosamente
la testa, pallido come un morto. “Noi…”
E in quel momento, una specie di cerchio luminoso si
aprì nella parete che dava verso l’esterno. Un calore tremendo si diffuse nella
stanza.
“What the fuck..?” fece Turbine.
La parete si sciolse come
burro sotto il calore di un altoforno. E Sun entrò
attraverso il varco. “Guarda guarda chi si vede: carne da cuocere.”
«Ci conosciamo, signorina?»”
fece l’uomo nero.
«Dipende da voi.» Puntò un
braccio all’indirizzo dei due superumani. «Lasciate andare questa gente, o mi
conoscerete molto bene, ve lo assicuro!»
“Come gradisce, meine Dame.” Con ciò, l’uomo fece cenno
a Turbine di allontanarsi. Quindi, si limitò appena ad
abbassare gli occhiali, posando gli occhi verso Stefano -un’occhiata di
traverso, e nulla più.
Bastò. Il poveretto spalancò i
suoi occhi, rivelando in essi il terrore più assoluto.
L’uomo cadde a terra in preda alle convulsioni. E
subito dopo, le fiamme avvolsero il suo corpo.
Sun si distrasse. E allo stesso tempo, un cerchio di un nero assoluto avvolse
i due sicari, facendoli scomparire.
Sun lanciò un colpo di energia solare all’indirizzo nel cerchio, ma fu come
lanciare acqua contro una spugna. L’energia fu semplicemente assorbita
dall’oscurità.
La mutante bestemmiò un paio
di volte. In quel momento, arrivarono i medici insieme ad
un paio di agenti ad armi spianate.
“Ferma dove sei!” urlò uno degli agenti. “Mani in alto!”
Lei scosse la testa. “Sono dei buoni, capo: Agente Sun della PMP…”
“Ho detto ferma
e mani in alto!”
Riluttante,
lei obbedì, mentre ai suoi piedi i soccorritori si occupavano delle vittime…
“Allora: un morto per
incenerimento. Cause sconosciute. E, sì, prima che me lo chiediate,
il corpo di Stefano Viggiani ha continuato a consumarsi nonostante ci avessimo versato
su due bombole di schiumogeno. Armando Jacopi è e rimarrà fuori conoscenza per
un po’ fra lo choc e l’emorragia. Quanto agli altri
due, gli strizzacervelli giurano che se gli fate solo ‘bu’ quelli vanno in
posizione fetale. Già ora rispondono a monosillabi.”
Il Maresciallo Tito
Bentivoglio fissò i sei super-esseri della PMP, seduti al tavolo delle
riunioni: Vessillo, nel suo costume tricolore, insieme al cane Roma seduto ai
suoi piedi. Partigiano, in un body da commando, nero,
decorato da diverse fondine e foderi. Madrepatria,
anche lei in body tricolore, ma con una giacca verde sbrindellata in alcuni
punti. Falcone, in impermeabile scuro dalla base frastagliata, guanti in pelle nera e bandana. Legionario, il cyborg dai riflessi
metallici. E Sun.
Il Maresciallo si strofinò una
tempia. “Fatemi un favore, ditemi che sapete qualcosa di quei mostri che ci
hanno fatto versare sangue.” Posò sul tavolo alcune
foto scattate con le telecamere interne. Un paio mostrava Turbine e l’uomo nero
in azione. Altre tre mostravano una
donna in costume, capelli corvini, pelle pallida e un paio di
occhiali neri. Imbracciava un paio di automatiche,
ed era intenta a far fuoco contro l’agente al centralino.
Erano passate tre ore
dall’assalto. Il numero di vittime era stato modesto, se si pensava che gli
aggressori non avevano mostrato alcuna inclinazione
alla pietà. Erano stati efficienti: niente sprechi di tempo.
“Abbiamo contattato
l’FBSA, negli Stati Uniti,” disse Vessillo. “L’uomo in
armatura è Turbine, un mutante velocista americano. Una vecchia conoscenza, nel
mondo del crimine, visto che esordì una decina d’anni
fa.
“La donna è Insomnia, americana anche lei. Non
sappiamo se sia mutante o meno, ma sappiamo che il suo sangue contiene
costantemente una percentuale spaventosa di adrenalina.
È la tossica perfetta, non va mai in down.
“L’uomo in nero, invece, è il
nostro ospite misterioso: di lui nessuno sa niente. Abbiamo chiesto aiuto anche
agi uffici di Polizia tedeschi ed austriaci, ma senza
esito.”
“Abbiamo almeno una
ragionevole certezza che i militanti non abbiano detto nulla a quei pazzi,” intervenne Partigiano. “Altrimenti avremmo trovato solo
cadaveri.”
“Visto che
hanno il teletrasporto,” fece Madrepatria, “perché non hanno portato con sé gli
ultimi due?”
“Perché
penarsi di interrogarli, quando lo faremo noi per loro?” rispose Falcone,
tamburellando sul tavolo. “I nostri amici sanno che li condurremo a
destinazione. È evidente che abbiamo lo stesso obiettivo.”
“Quello sì,”
annuì Vessillo. “Ma le ragioni? O questi,” mise un dito sulle foto, “sono sicari pagati da qualche
mafia dell’immigrazione per sbarazzarsi di chi attenta ai loro affari, o c’è
sotto più di quello che pensiamo.” Anche Roma abbaiò
il suo assenso. “E io preferisco pensare che sia la
seconda. Meglio evitare di essere presi sottogamba.”
“Il che ci riporta al problema
dell’interrogatorio,” fece Madrepatria, incrociando le
braccia sul petto. Poi fece volare lo sguardo sui presenti. “Qualcuno ha
un’idea migliore?”
“Io
ce l’ho,” disse Partigiano.
C’era qualcosa di tragico e di ironico nel fatto che proprio in Via delle Grotte, che
intersecava con la strada dove era ospitata la stazione dei Carabinieri, si
trovasse l’abitazione del più potente Boss locale: Don Santo Pace. O meglio,
l’abitazione di un presunto Boss, visto che Don Santo, per quanto fossero evidenti il suo operato
e la sua fama, non era mai stato abbastanza stupido da lasciarsi delle prove
dietro. Lui non era il tipo da nascondersi, come tanti suoi ‘colleghi’, no. Don
Santo si muoveva alla luce del sole, protetto da un muro di omertà,
uno di terrore, ed uno di avvocati.
Oggi, Don Santo Pace stava per
scoprire i limiti della sua arroganza.
La serata non prometteva nulla
di buono, almeno per quanto riguardava il tempo.
Don Santo, quarantacinque anni
portati bene, qualche capello in meno, carnagione olivastra, studiò il mare con
un binocolo.
Perfetto. Prometteva burrasca,
nessuna imbarcazione avrebbe solcato la superficie.
La strada per la Grotta dei
Tabbaccari era libera. Il ‘carico speciale’ sarebbe
stato consegnato senza problemi…
“Bello spettacolo, nevvero?”
disse qualcuno alle sue spalle. Allo stesso tempo, Don Santo udì il suono di
una sicura d’arma che veniva disinnescata. “Puoi
voltarti, amico. Lentamente. E ricorda: sto mirando ai tuoi gioielli di
famiglia.”
Don Santo obbedì. “Chiunque
voi siate, state facendo una grossa…” le parole gli morirono in gola quando
vide i responsabili di quell’affronto. “E voi chi siete?”
Vessillo gli mostrò un
tesserino. “Polizia per le Minacce Paranormali, Signor Pace. Stiamo indagando
sul traffico di clandestini mutanti. E lo sanno anche i sassi che qui non
arriva neppure una scarpa illegalmente senza che lei ne sia
coinvolto.”
“Voglio il mio avvocat*” Santo
tacque, saggiamente, quando Partigiano gli appoggiò la canna sullo scroto.
“Avrà sommaria giustizia, se
non collabora,” disse il caposquadra. “Possiamo accusarla di cooperazione con il terrorismo, lo sa?
Il nostro Governo non apprezza molto i clandestini con superpoteri.”
“Non potete provare niente.”
“Non ne abbiamo
bisogno. Partigiano?”
L’arma fece fuoco. Un colpo
solo, preso con cura.
Don Santo Pace urlò, mentre
cadeva in ginocchio, mettendosi una mano fra le gambe…solo per non trovarvi sangue.
Incredulo, guardò in basso, e vide che i pantaloni erano bruciati là dove il
proiettile aveva colpito. L’inguine gli faceva un male assassino, ma non era
stato ferito seriamente…
“Il prossimo andrà a segno,
anziché sfiorarla,” disse Vessillo. “Oppure dirò a
Roma di farsi uno stuzzichino.” Accarezzò
distrattamente la testa del cane, che brontolò minacciosamente. “Scelga
lei.”
“Non sono solo io ad essere
coinvolto in questo traffico. C’è un sacco di gente, io sono solo una pedina,
per quanto riguarda i mutanti…”
Partigiano premette un po’ sul
grilletto. “Una pedina che si prende una gran bella fetta di miseria e di
guadagno. Meno chiacchiere.”
Don Santo sorrise. “Mi
ammazzerebbero comunque. Quindi,
fare pure se volete.”
La Squadra si scambiò una
rapida serie di occhiate. Vessillo si rivolse a
Madrepatria. “Va bene. Noi con le buone ci abbiamo
provato. Tocca a te.”
La donna afferrò il mafioso
per un braccio e lo tirò a sé senza sforzo. Quindi, lo
portò verso l’interno della villetta.
Partigiano sollevò la maschera
quel tanto che bastava per scoprire la bocca. Quindi
si accese una sigaretta e la portò alle labbra. “Per fortuna che quei coglioni
del Sole Italiano non sapevano che una delle loro vittime era un mutante dalla
pelle superdensa.”
“Già,”
concordò Falcone. “L’unico testimone di questo traffico speciale. Se fosse
stato separato dalla famiglia, adesso non sapremmo niente… Vessillo, spero che
Benedetta sappia fare il suo lavoro.”
“Ce lo
siamo lavorato un po’ apposta. Sarà meno testardo quando lo…” fu interrotto da
un lungo grido di orrore provenire dalla villetta.
Stavano correndo dei rischi
pazzeschi: saltata l’idea di interrogare i fanatici in merito al traffico di
clandestini, si era deciso di violare almeno una dozzina di codici civili e
penali per quell’interrogatorio illegale direttamente alla fonte. Purtroppo, il
tempismo era letteralmente tutto. Ed era stato premiato: di Turbine & Co., nessuna traccia.
Madrepatria tornò sul
terrazzo. “Sistemato. Il nostro obiettivo è la Grotta dei Tabbaccari. Dobbiamo
aspettarci un manipolo di guardie armate. Un sottomarino farà la consegna.”
“Sei sicura che abbia detto la
verità?” fece Falcone.
La mutante annuì. “Quanto è
vero che c’è una sola cosa a cui un uomo tenga più della vita, a conti fatti.” E sollevò la mano, chiudendola a
pugno, sollevando dei rivoli di vapore acido.
A distanza
di binocolo, ascoltando tramite sensori amplificatori integrati nello
strumento, la donna di nome Insomnia sorrise soddisfatta. “Sentito tutto?”
Turbine e Shades, che
indossavano auricolari collegati al binocolo, annuirono
a loro volta.
“Mi piace essere pagato perché
qualcun altro faccia il nostro lavoro,” disse Turbine.
“Io dico di sistemare l’obiettivo direttamente nel sommergibile. Abbiamo il vantaggio,
no?”
Shades lo fissò attraverso gli
occhiali. Turbine, saggiamente, tacque.
“Il nostro cliente ci ha
chiesto discrezione, idiota.
L’esplosione di un sommergibile in acque italiane causerebbe come minimo
un’inchiesta a livello internazionale. Ce la siamo cavata
finora dando l’impressione di essere in combutta con la mafia locale, evitiamo
di fare altro casino.
“Ci occuperemo del ‘carico’ quando sarà stato trasbordato, e senza lasciare
tracce che riconducano a noi.”
“E
come conti di fare? Chiedendo loro per favore di suicidarsi?” fece Insomnia.
Shades sorrise. “Niente del
genere. Faremo ricadere la colpa sui mutanti. Insomnia, abbiamo scoperto a che
ora avverrà la consegna?”
Lei scosse la testa ed abbassò
il binocolo. “Non si sono sbottonati.”
“Non
importa: se non sono stupidi, anche loro aspetteranno l’arrivo del sommergibile
per fare conto unico con scafisti e mafiosi. A quel punto, interverremo noi.”
“Non
faremmo prima a togliere di mezzo i mafiosi al porto e aspettare il carico?” fece Insomnia. “Meno seccatori, lavoro più
veloce. Se arrivano quei buffoni, facciamo prima.”
Shades
fece spallucce. “E dove lo metti il divertimento?”
L’orologio
al suo polso emise un cinguettio, seguito dall’inconfondibile voce del gran
capo della Villains LTD. “Il divertimento, per te, dovrà aspettare,” disse Augustus DeCeyt.
Mai
si era vista espressione umana diventare così acida in così breve tempo. “Come
sarebbe a dire?” chiese Shades, avvicinando il comunicatore. “Sono la vostra
carta migliore, non…”
“Non
sei l’unica carta, Shades. Sun può emettere luce, oltre che colpi di plasma:
poiché ho un agente capace di occuparsi di lei, preferisco tenerti di riserva.
Obiezioni?”
Shades
si morse il labbro inferiore. “Nessuna, capo.”
La
comunicazione fu chiusa. Ai suoi compagni, l’uomo nero disse, “Vedete di non
fare un casino, o mi metterò in fila per prendervi a calci in culo.”
Circa tre ore dopo, una porta
corazzata fu scardinata dalla roccia.
“Nessuno si muova!” gridò Vessillo, entrando alla testa del gruppo.
“Siete tutti in ar*”.
Avete presente quelle scene in
cui un silenzio così fitto da potergli dedicare un’onomatopea accoglie gli
eroi? Così.
La Squadra Italia non si era
certo aspettata di trovare una base segreta superattrezzata o un esercito…ma
neppure un posto completamente vuoto. C’era sì una darsena naturale, ma non
c’era traccia alcuna di gomene o comunque dello
stretto necessario per permettere l’attracco anche ad una zattera.
Partigiano si guardò intorno,
ma non vide alcun angolo in cui qualcuno potesse
nascondersi. “È possibile che l’intero trasbordo sia effettuato
dall’equipaggio del sommergibile. Don Pace si sarà limitato ad affittare la
grotta.”
Gli occhi di Legionario si
accesero di una luce intermittente. “Rilevo una distorsione spaziotemporale.
Distanza…”
“Lascia perdere,” disse Sun, riconoscendo il ‘fenomeno’ a una decina di
metri da loro. “Lo vediamo.”
Era il disco nero, ma era più
grande dell’ultima volta che lo aveva visto…
Quando il disco scomparve, c’erano cinque nuove presenze
nella grotta. Oltre a Turbine ed Insomnia, erano arrivati:
Ø
Diamond Dran, l’Uomo Indistruttibile.
Ø
Marasso, il super-cyborg.
Ø
Slim Snake, il Deviante.
“Salve, schiappe,” disse Turbine, crocchiandosi le dita. “Ultimo desiderio?”
Fu Partigiano il primo a
reagire: premette il grilletto delle sue mitragliette e sparò ad alzo zero!
Dran, di fronte ad Insomnia,
parò tutti i colpi per lei, mentre gli altri si sparpagliavano.
Turbine si gettò direttamente
contro Partigiano…ma il suo tentativo fu bloccato da Sun, che lo investì con una raffica di microonde solari. E
se anche il criminale, mentre roteava, era inavvicinabile, non era
invulnerabile alle radiazioni!
In breve, Turbine urlò e
terminò il suo volo contro una parete, dalla quale rimbalzò a terra. Volute di
fumo si levavano dal suo corpo. “Cazzo, brucia!”
“Ci puoi scommettere, bello,” disse Sun, sollevando una mano verso di lui. “E vuoi saperlo? Me la sto godendo proprio un*” una raffica di energia la investì in pieno come un’onda! L’eroina fu
scaraventata contro la stessa parete dove Turbine aveva sbattuto.
“Sei tosta,”
disse una voce, mentre lei si riprendeva. “Tosta, ma non abbastanza.”
Sotto gli occhi di Sun, la
luce che l’aveva assalita prese rapidamente forma… Per poi condensarsi nel
sesto membro della Villains: il Laser
Vivente.
Il computer interno di Marasso
identificò in Legionario la minaccia più rilevante, e si gettò contro di lui.
Agli occhi del cyborg
italiano, il suo avversario apparve come una proiezione al centro di cascate di
dati. In tempo reale, analizzò ogni numero sulla sua massa e la tecnica di attacco.
Marasso non si chiese perché
l’altro non si fosse mosso, ma non gli importava, non aveva l’intelligenza
necessaria per curarsene. Gli importava solo che fra un secondo avrebbe
stritolato la gola di quel*
Una mano corazzata afferrò la
sua gola! L’altra prese per il polso il braccio più proteso. Quindi,
come un fulmine, il ginocchio di Legionario centrò il plesso solare di Marasso.
Il cyborg rettiliano sembrò
afflosciarsi.
Insomnia sparò con le sue
automatiche all’indirizzo di Partigiano, ma tanto valeva cercare di colpire
l’Uomo Ragno, per quello che valeva. L’italiano riusciva sempre a trovarsi un
passo avanti. Ed era altrettanto veloce con le sue, di armi.
Lei fu
colpita nuovamente un paio di volte al petto. Solo l’imbottitura
intessuta a vibranio la salvò ancora una volta.
Slim Snake era veloce come
l’animale di cui portava il nome, come Falcone stava scoprendo.
I due avversari erano
impegnati in una serie di acrobazie che avrebbero
potuto strappare applausi, se le circostanze fossero state diverse.
Ma Falcone aveva un vantaggio che Slim non possedeva: il
proprio costume. Quando il Villain cercò di
appioppargli un’artigliata, lui saltò. Sfruttando le microunità anti-G
nell’’impermeabile’, prima mollò un calcio con la suola allo stomaco
dell’avversario, mandandolo a terra, quindi usò la forza del calcio per salire
fino alla volta della grotta.
Le sue mani si piegarono
all’indietro, mentre un fascio di oggetti neri e
lucidi scivolavano dalle maniche nei palmi.
Falcone stese le braccia, e
lanciò una doppia raffica di affilate lame dalla forma
di piume.
Slim si vide arrivare addosso la morte! Incrociò le braccia a coprirsi la testa.
Una dopo l’altra, le armi si conficcarono a terra intorno a lui, contro le
scarpe, nei pantaloni, inchiodandolo a terra, contro la maglietta, che recava
la scritta This Shirt has Been Tested
on Humans. Un paio si infilarono accanto alla gola. L’ultima si conficcò
esattamente a un millimetro dal cavallo.
Falcone atterrò, pronto a
lanciare nuove lame. “Un altro giro?”
“Iiihhh…”
fu la flebile risposta.
Nel quartier generale della
Villains LTD, in una località sconosciuta, due figure osservavano sullo schermo
la battaglia in corso.
“Ora vedi la seconda ragione
per cui ho deciso di non farti intervenire,” disse
Augustus DeCeyt dalla sua poltrona. “I nostri uomini stanno migliorando, ma la loro
tecnica difetta per un pregiudizio: ‘se non li
conosci, sono deboli’. Stupidi.”
“D’accordo, capo…” Shades si
schiarì nervosamente la gola. “Ma non sta mettendo a
rischio la missione, così?”
“Quella
è sotto controllo,” fu la gelida risposta. DeCeyt era
l’unico essere umano che potesse mettere Shades a
disagio semplicemente abbassando il tono della voce. “Se la Squadra Italia venisse annientata, cosa di cui dubito fortemente, ormai,
sarebbe un bonus, ma non è lo scopo della missione. Lo scontro servirà ai
nostri per fare esperienza. Uno solo di loro basterà a terminare l’incarico.”
“Hai bisogno di una mano, bello guaglione?”
fece Madrepatria, all’indirizzo di Turbine. “Sembri messo male.”
Il mutante si mise in piedi.
“Mai come ti sentirai tu, ragazzina, se provi a prendermi per il…”
Lei fece spallucce. “Figurati.
Era solo che volevo essere sicuro che potessi reggerti in piedi, sennò che
gusto c’è a menarti un po’?”
“Tu, piccola spaghettina..!” Per quanto fosse vero che Turbine nutrisse una
compiacente superiorità nei confronti del ‘sesso debole’, era anche vero che
essere preso in giro da una donna era per lui il sommo insulto.
In altre parole, Turbine si
gettò addosso a Madrepatria, con tutte le intenzioni di affettarla come un
salame…e la attraversò da parte a parte. Anche se non nel modo che credeva. Per poco, la rincorsa non
lo fece finire contro la volta. “Ma che dia…”
“Di qua, scarrafone,” fece lei dal basso, mandandogli un bacio volante. “Ce la
fai a prendermi?”
Lui non se lo fece ripetere!
Quando la raggiunse, però, anche se non le passò attraverso,
semplicemente non riuscì a metterle una sola lama addosso. E
stavolta, l’inerzia portò il criminale a rimbalzare più volte contro il
pavimento, fino ad andare a sbattere contro Marasso, che in quel momento stava
cercando di riprendersi.
“Piace il mio abitino
antifrizione?” fece Madrepatria. “Oh, e dimenticavo: sei fuori gioco.”
Turbine scattò
in piedi -ne aveva prese, di batoste peggiori e da veri professionisti,
per farsi mettere KO da questa… “Che vorresti dire, pupa?” ghignò. “Queste lame
sono di adamantio, ti possono…” E solo allora si
accorse delle volute di fumo che si levavano non solo dalle sue lame, ma un po’
lungo tutta l’armatura. “Shit…”
“Eggià. Tu non hai toccato me,
ma io ho toccato te. E sono un tipo acido da mandar
giù.”
Le lame si stavano corrodendo
sotto gli occhi del loro proprietario, e l’armatura non sembrava andare meglio.
“Ma chi cazzo sei, Alien?? Oddio, brucio, aiutatemi!!”
“Il tuo amico sembra essere
nei guai,” disse Vessillo, che cercava invano di
colpire con la sua daga elettrificata Diamond Dran. Fino ad ora, però, tutti i
suoi sforzi erano stati vani -e dire che la sua arma poteva affettare i metalli
come niente!
“Pensa a risolvere i tuoi, perdente. Io sono ancora qua che ti aspetto.” In
compenso, neppure Dran stava maturando dei risultati. Il campo di forza
personale di Vessillo era non meno impenetrabile, e Dran non aveva comunque alcun superpotere o superarma. Per ora, il massimo
a cui poteva ambire era di trattenere il nemico, distrarlo dagli altr*
Un paio di manone afferrarono le sue braccia, e Dran si trovò sollevato come
un fuscello.
“L’analisi indica che il tuo
campo di forza è autoadattante e omnimodulare. In altre parole, non puoi essere
ferito,” disse Legionario, con un tono
inquietantemente identico a quello di Terminator. “Pertanto, è necessario
allontanarti dal campo di battaglia.”
“Che
cosa vuoi dire, razza di Meccano ambulante?! Lasciami,
oppure… Oh, no…” Dran si vide puntato verso il molo. “No, non di nuovo…”
Legionario scagliò Dran a
tutta forza contro l’imboccatura della grotta. Da lì, Dran rimbalzò, ovviamente
illeso, e cadde in acqua.
“Cazzo, come lo detesto quando
fanno ‘sti scherzi…” l’Uomo Indistruttibile era affondato per un paio di metri,
prima di sentire nell’auricolare la voce di Shades.
“Cosa
state combinando, idioti?? Sto cercando di contattarvi
da quando avete iniziato le danze! Il sommergibile è quasi qui, sbrigatevi!
Piano B!”
Dran spalancò gli occhi, e
nuotò verso la superficie.
Sun aveva scoperto, con non
poco dolore, che il suo potere era inutile, del tutto inutile contro un essere
di pura energia. Non solo non era riuscita a scoprire la frequenza luminosa
adatta almeno a danneggiarlo, ma lui non le lasciava neppure il tempo di
respirare. Se non fosse stato per il campo di forza,
sarebbe stata fritta dai colpi del Laser. Venivano da tutte le direzioni, a intervalli così bassi l’uno dall’altro che sembravano
lanciati tutti insieme.
“Ammiro la tua resistenza,
carina, ma niente è meglio di un laser,
cioè del sottoscritto!” una risata stridula e folle
accompagnò la battuta.
Davvero un bell’esordio, si
disse lei. Non era riuscita a combinare niente di buono col
Worldwatch, ed ora, alla sua prima uscita con la Squadra Italia, stava
per diventare barbecue al fotone…
“Laser, maledizione, vuoi
ascoltarmi??” intervenne una voce maschile.
Il Laser Vivente si fermò,
tornando al suo aspetto umanoide, e si voltò verso Dran, che si sbracciava
dall’acqua. “Che vuoi, adesso?”
Dran indicò l’imboccatura
della grotta. “Il sommergibile! È quasi pronto a sbarcare i suoi passeggeri!
Non abbiamo più tempo! Piano B!”
Il
Laser fece una smorfia all’indirizzo di Sun. “Fortunata, tesoro. Molto.” E divenne una scia luminosa.
Il sommergibile non poteva avvicinarsi
oltre, anche con le maree favorevoli. Il barcone di appoggio
avrebbe accolto velocemente i pochi clandestini che trasportava, e poi via.
Il boccaporto della torretta
si aprì…e in quel momento, un’onda luminosa schizzò dentro l’apparecchio!
Durò
solo un secondo, durante il quale quell’energia si sparpagliò uniformemente, su
frequenze letali, dentro ogni angolo, senza risparmiare nulla. Il Laser Vivente
fu fuori ancora prima che i due scafisti del barcone avessero potuto
comprendere cosa stesse succedendo.
“Missione compiuta,” disse il criminale, ricondensandosi nella grotta. “Noi
abbiamo finito.”
Dischi neri apparvero intorno
ad ogni Villain, e poi la Squadra Italia rimase sola nella Grotta dei
Tabbaccari.
Sola col suo primo fallimento.